21/07/2017 - Documento del Consiglio Direttivo


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Documento del Consiglio Direttivo del 21 luglio 2017

 

Diallo, quando il diritto vince

Non è per nulla che il Ministero dell’Interno e quello della Giustizia siano entità distinte: le competenze sono adiacenti, ma ontologicamente diverse e il presidio della sicurezza, in particolare, compete al primo dei due.

Non è - pertanto - giustificato lamentarne il deficit quale conseguenza di una presunta scorretta amministrazione della giustizia, come nel caso del cittadino ghanese Diallo, scarcerato dopo una colluttazione con agenti della Polizia di Stato, nel corso dell'arresto al quale stava per essere sottoposto e durante la quale uno è stato attinto con un coltello, fortunatamente senza conseguenze.

Il provvedimento del G.I.P. di Milano è ineccepibile: il contesto, la dinamica del fatto, nonché l’unico colpo sferrato dall’indagato e il suo atteggiamento non autorizzano la configurazione di una volontà omicida ed escludere la relativa contestazione formulata dal P.M. appare, per questo, corretto. I reati certamente integrati risultano essere quello di minaccia, di porto d’armi e di resistenza a P.U., mentre non è configurabile il tentato omicidio, atteso che la condotta è risultata inidonea alla commissione di tale reato. E quindi, diritto alla mano, il caso permette anche il legittimo pronostico della possibile fruizione della sospensione condizionale della penache, come noto, impedisce l'applicazione di misure cautelari.

Bene ha fatto il giudice a non pensare di doversi o potersi sostituire agli organi di pubblica sicurezzacurandosi unicamente del corretto inquadramento del fatto, della sua rilevanza penale, dell'atteggiamento psicologico dell’indagato, come emerso dalla condotta, e della valutazione giuridica delle concrete esigenze cautelari, nella specie ritenute in parte sussistenti, ma controllabili con la misura adottata dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

E ancora, ricordiamo, a chi sostiene che il provvedimento del giudice (il diritto) non avrebbe dovuto prevalere su ragioni di sicurezza, che si sarebbe dovuto anche garantire a Diallo, prima di essere avviato al suo Paese di origine, in lingua a lui comprensibile, di conoscere i propri diritti in ordine alla partecipazione e difesa nel futuro processo a suo carico

Questa decisione del G.I.P., quindi, criticamente e molto superficialmente commentata dalla stampa, esprime qualcosa di rilevante per tuttiil processo penale non ha funzione preventiva, non deve cadere nel pericoloso equivoco di “punirne uno per educarne cento”, e il giudice della fase cautelare non può prendere decisioni fondate su pericoli astratti per assecondare unicamente esigenze securitarie dell’opinione pubblica.

Il giudice, in ultima analisi, non deve occuparsi di sicurezza, se non in termini di pericolosità nello specifico caso concreto, né subire pressioni o condizionamenti nel proprio giudizio, dettate da opinioni a caldo della stampa e del comune sentire, né patire l'influenza di un clima giustizialista senza alcuna mediazione. 

Questo è quanto ci rassegna in ultimo “l’affaire Diallo”: uno spunto di riflessione sul rispetto del principio di tutela della libertà personale, troppo spesso rivisto ad uso e consumo esclusivo di finalità specialpreventive.

 

​​​​​​​​​Il Consiglio Direttivo