18/04/2015 - Nota del Consiglio Direttivo


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L'irrinunciabile esercizio del diritto di difesa

 

 

I drammatici fatti di sangue, in cui hanno trovato la morte un cittadino affidato allo Stato per essere giudicato, un avvocato ed un magistrato, tornano all'attenzione dell'opinione pubblica per un aspetto che attiene direttamente all'esercizio della funzione difensiva.

La notizia, riportata oggi dal quotidiano La Repubblica, riguarda infatti l'iniziativa di un avvocato iscritto alla lista dei difensori di ufficio dell’Ordine degli Avvocati di Milano che, designato per assistere Claudio Giardiello nell'ambito di un procedimento penale per fatti antecedenti a quello svoltosi nel Tribunale di Milano, ha tentato di essere esonerato dal dovere di esercitare il mandato difensivo conferitogli. La richiesta era motivata, secondo quanto riportato sul quotidiano, dal fatto che Giardiello avesse “ucciso un Collega”.

Il Consiglio dell’Ordine di Milano, per quanto si apprende, ha ritenuto di non dovere accogliere tale richiesta, ricordando al difensore di ufficio i doveri che derivano da quella funzione.

Ciò premesso, è necessario svolgere alcune considerazioni.

E’ evidente, infatti, come risulti deformata - nella conseguente proiezione sull'opinione pubblica - la stessa natura della funzione difensiva, sotto un duplice aspetto.

Grave è lo strumentale richiamo alle inopportune venature corporative prodotte dalla reazione emotiva a quei fatti di sangue; ciò, soprattutto, al netto delle strumentalizzazioni politiche che li hanno accompagnati. 

Preoccupante è, poi, prendere atto di come l'idea della funzione difensiva che quell'avvocato ha espresso sia così distante dalla cultura e dai principi che presidiano quella stessa funzione, che già di recente questa Camera Penale ha ricordato. 

Ecco allora giustificata l'esigenza di riprendere alcuni di questi principi, senza omettere - ancora una volta – di ribadire come il difensore nel processo penale sia gravato dal peso di una doppia lealtà verso il suo assistito e verso lo Stato e che a trovarne l'equilibrio concorrono le norme costituzionale, ordinarie e deontologiche.

L'art. 24 della nostra Costituzione afferma che il diritto di difesa è un diritto inviolabile, in qualsiasi stato e grado del procedimento. Il medesimo articolo distingue la c.d. "difesa sostanziale" dalla c.d. "difesa tecnica". Alla prima è riconducibile il diritto di ognuno di partecipare al processo.

La difesa tecnica invece è garantita dall'assistenza di chi svolge la professione legale. Stante la sua obbligatorietà, è previsto che, in mancanza della nomina del difensore di fiducia da parte dell'imputato, il Giudice nomini un difensore d'ufficio, che non può essere rifiutato dall'imputato o indagato.

La comparsa del difensore d'ufficio durante le indagini oppure nel corso del processo è regolata dalle norme del codice di procedura penale; una volta nominato, assume l'obbligo di prestare il suo patrocinio, potendo essere sostituito solo per giustificato motivo.

Ciò che caratterizza in modo determinante la difesa d'ufficio, e rende questo ruolo – al contempo – impegnativo e prestigioso, è la circostanza che il nostro codice di procedura penale, innovando rispetto al precedente, ed ispirandosi all'esigenza di assicurare la concreta ed efficace tutela dei diritti dell'imputato, ha attuato la sostanziale equiparazione della difesa d'ufficio a quella fiduciaria, attuando così il principio della "unicità" e della "immutabilità" dell'ufficio di difensore. 

L'essere inserito nella lista dei difensori d'ufficio è una decisione volontaria, che non può prescindere dalla consapevolezza del valore etico della funzione; con la domanda di ammissione nella relativa lista, l'avvocato deve essere quindi conscio dell'importanza del ruolo che è chiamato a ricoprire e dal quale non può sottrarsi se non per giustificato motivo.

Nel caso riportato dal quotidiano, le ragioni addotte dall'avvocato per chiedere l'esonero dall'incarico non sono giuridicamente inquadrabili all'interno del concetto di "giustificato motivo", quanto piuttosto appaiono dettate da impulsi emotivi - sulla cui censurabile connotazione corporativa già si è detto - e non accompagnate dall'opportuna consapevolezza deontologica del ruolo e della funzione assunta.

Quest'ultimo rilievo costituisce la base per un vero e proprio monito che deve essere raccolto dalle stesse Camere Penali. La formazione ed il reclutamento dei difensori di ufficio, cui siamo chiamati con rinnovato vigore dal nuovo regolamento, deve infatti costituire uno degli impegni più qualificanti della nostra attività politico-culturale.

Da questo rinnovato impegno, infatti, dovrà essere rafforzata ancor di più la necessaria consapevolezza dell'irrinunciabile importanza della funzione difensiva, vero presupposto dell'applicazione concreta dei principi del giusto processo.

 

 

                                                                 Il Consiglio Direttivo