10/12/2014 - Nota del Consiglio Direttivo del 10.12.2014


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“La giurisdizione è strumento irrinunciabile di tutela dei diritti dei cittadini ed alla magistratura ne è affidato l’esercizio indipendente e imparziale”.

Questo l’esordio della delibera conclusiva dell’assemblea generale dell’Associazione Nazionale  Magistrati dello scorso 9 novembre 2014.

Domani la delibera sarà letta nelle assemblee distrettuali pubbliche e chiunque ascolterà la premessa riportata poco sopra, assolutamente condivisibile nella sua astrattezza, non potrà non chiedersi se la giurisdizione avrà la forza per correggere le storture consumate in questi giorni, come nel caso in cui una persona accusata di un gravissimo crimine è stata prima posta alla berlina mediatica e poi  privata del proprio diritto costituzionale all’assistenza difensiva e della possibilità di esercitare il proprio diritto al silenzio in un clima quasi da auto da fe' .

Di questo la magistratura dovrebbe preoccuparsi.

Del rispetto e dell'applicazione dei diritti e delle garanzie, che sono alla base del funzionamento del processo penale.

Di diverso tenore  la delibera dell’ANM che si caratterizza in tutt’altro modo.

Si caratterizza innanzitutto per il tono ultimativo nei confronti del Governo – richiesto di “serie e concrete risposte” - che appare non giustificato a fronte di una mini riforma, della quale unico aspetto ritenuto in effetti rilevante pare essere quello delle modifiche peggiorative, peraltro di dubbia applicabilità, del sistema delle ferie  dei magistrati.

Non giustificati appaiono i richiami alle statistiche sulla produttività, perché la produttività, per un verso, non coincide necessariamente con la qualità della giurisdizione, e, per altro verso, non è fenomeno che possa riconnettersi al tema della riduzione delle ferie.

Una reazione assolutamente esagerata, dunque, che mal si concilia con il silenzio assoluto serbato da ANM nei casi degli attacchi ai magistrati della Cassazione per la decisione sul caso Eternit, oppure in occasione della temeraria violazione del segreto della camera di consiglio posta in essere dal Presidente di una sezione della Corte di appello di Milano ormai in pensione.

Una delibera, infine, che si caratterizza per le sue conclusioni assolutamente originali, tra le quali spicca la istituzione di una Giornata per la Giustizia, con l’apertura dei Tribunali ai cittadini.

I Tribunali sono dei cittadini, che vi accedono  quotidianamente portatori della propria domanda di giustizia e non è certo la programmazione di un simile evento a far si che quella domanda possa trovar, come merita, adeguate risposte.

Infine, nel denunciare come il dibattito sulla giustizia sia intriso di propaganda e pregiudizio, la posizione del sindacato delle toghe si caratterizza per alcuni argomenti sollevati in maniera inequivocabilmente propagandistica: infatti, la prescrizione - è dimostrato attraverso i dati statistici - matura per una percentuale superiore al 60% nella fase delle indagini preliminari; inoltre, il fenomeno è in netto calo rispetto al momento in cui i termini furono modificati ad opera della legge ex Cirielli.

Non è oggettivamente sensato, quindi, ricondurre a tale istituto tutti i mali della giustizia in Italia. Non ci si può invece non domandare se la pressante richiesta di una modifica che congeli gli effetti della prescrizione a partire dalla sentenza di primo grado sia finalizzata ad una riduzione significativa del fenomeno (il che, alla luce dei dati citati, non può essere) oppure ad una incontrollata dilatazione dei tempi del processo, senza considerazione alcuna per il diritto dell’accusato, innocente fino alla sentenza definitiva, a non essere lasciato sulla graticola del processo per un tempo indeterminato.

La cifra più autentica di una simile posizione si individua nella chiusura totale rispetto alle  proposte di riforma della giustizia penale orientate verso l'applicazione dei principi del giusto processo, le uniche idonee a far rientrare in uno schema istituzionale realmente liberal-democratico il processo penale.

Così avviene in relazione alle modifiche del processo penale, a quelle relative all'esercizio dell'azione penale sempre più prigioniera del simulacro della sua obbligatorietà, a quelle che tendono ad introdurre un controllo giurisdizionale sulle iscrizioni nel registro delle notizie di reato, a quelle che tendono ad introdurre forme di responsabilità civile del magistrato effettive e rispettose della sua indipendenza, a quelle infine che tendono a dare attuazione del principio di terzieta' del giudice attraverso un nuovo assetto dell'architettura costituzionale.

Significativo in questo senso il netto rifiuto di “ogni tentativo di riformare la giustizia attraverso la riforma dei giudici (magistrati?) e del loro stato giuridico”, quasi a voler sottolineare una sorta di immutabilità dell’assetto istituzionale.

Altrettanto significativo il favore espresso nei confronti di ogni genere di intervento legislativo che abbia natura limitativa delle garanzie delle persone imputate come i vari disegni orientati a comprimere il sistema delle impugnazioni, ad ampliare sine die la prescrizione e ad aumentare le pene in ossequio ad una visione carcerocentrica che si vorrebbe superata.

E ciò in controtendenza, peraltro, con la continua evoluzione a livello europeo della legislazione inerente le garanzie dell’imputato.

E allora, se la magistratura associata vuole formulare proposte per la soluzione dei problemi di efficienza del processo penale, sarebbe auspicabile che tali proposte prescindessero da una visione autoritaria della funzione giurisdizionale e da logiche di propaganda e che, al contrario, fossero orientate all’attenzione alla effettiva qualità del processo.

Milano, 10 dicembre 2014

Il Consiglio Direttivo